In vecchiaia si possono determinare varie sofferenze: ansia, depressione, apatia, declino cognitivo insorgono e si confrontano tra mondo interiore e ambiente relazionale.
Sono espressioni cliniche che connotano il disagio, il dolore dell’anziano e richiedono una peculiare sensibilità umana e professionale.
L’incremento della fragilità non si traduce necessariamente in disfunzione o in malattia, ma suggerisce maggiori precauzioni, una più attenta prevenzione, tramite in particolare l’ascolto e il sostegno emotivo, l’intervento di counseling psicologico-clinico.
Per molti anziani, la vecchiaia sembra trasformarsi in un periodo connotato da difficoltà, ostacoli, disadattamenti, sofferenze.
I cambiamenti, le perdite, soprattutto affettive, la discriminazione all’interno del gruppo di appartenenza o di riferimento, rischiano di orientare in senso negativo il trascorrere degli anni, facilitando la comparsa di sentimenti depressivi, l’insinuarsi graduale di un declino emotivo e cognitivo che richiedono un ascolto attento e sensibile.
Il processo di counseling è fondamentalmente un percorso individuale di apprendimento, dell’essere consapevoli di quanto ci accade e si vuole conservare e realizzare, indipendentemente dall’età e dalle condizioni di autonomia e salute.
Se da vecchi si è sempre in grado di imparare, di aggiungere e scoprire ricordi, di modificare pensieri, sentimenti, di costruire nuove immagini e rappresentazioni è anche possibile intraprendere un percorso di counseling psicologico-clinico, di conoscenza più approfondita di sé e della vita.
La riabilitazione cognitiva è un efficace trattamento non farmacologico rivolto ai soggetti colpiti da demenza.
Consiste nell’apprendimento di strategie compensatorie e nello sfruttamento delle abilità residue al fine di contrastare il decorso degenerativo.
Per quanto riguarda le demenze, non esiste purtroppo un trattamento farmacologico specifico.
I farmaci attualmente utilizzati vengono definiti sintomatici, in quanto contrastano i sintomi della patologia, ma non ne modificano il decorso.
La malattia, di conseguenza, progredisce: si ha per il paziente un continuo e costante progressivo decadimento delle funzioni cognitive, che si ripercuote negativamente sulle varie abilità quotidiane.
Attraverso la stimolazione delle funzioni cognitive si può:
La Riabilitazione Cognitiva è anche un ottimo metodo per contrastare fenomeni come ansia ed apatia, favorendo l’aumento dell’autostima.
Allenare la mente significa stimolare la riserva cognitive e, di conseguenza, rallentare il declino degenerativo che caratterizza le patologie dementigene.
Il termine caregiver è inglese e indica “colui” che presta cure e assistenza.
Identifica la persona che si occupa dell’accudimento e della cura di chi non è in grado di provvedere a se stesso in maniera autonoma, del tutto o in parte.
Gli assistiti possono essere persone con disabilità fisica o psichica oppure persone anziane con malattie invalidanti, come ad esempio il morbo di Alzheimer.
Prendersi cura di un familiare che non è più autosufficiente è un’esperienza che è accompagnata da diverse emozioni, alcune anche molto dolorose.
In particolare, è molto difficile riuscire ad accettare la malattia del proprio congiunto, specie se da questa non potrà guarire.
Inoltre, con la malattia si modificano anche i ruoli familiari: ad esempio da figlia si diventa madre del proprio genitore e questa trasformazione porta con sé un notevole carico emotivo.
I compiti di assistenza e cura possono logorare il caregiver che, non di rado, a causa del “peso” dell’accudimento, può cominciare ad accusare disagi psicologici come ansia, agitazione, insonnia o depressione.
Affinché il caregiver possa prendersi cura al meglio del proprio caro è bene che riesca a prendersi cura di se stesso.
Il confronto con un professionista può essere prezioso per i caregivers familiari per “conoscere e gestire” meglio la malattia del proprio caro e sopratutto per avere un supporto psicologico: riconoscere, ammettere ed elaborare i propri vissuti, sia quelli legati al parente malato sia quelli legati al proprio ruolo di “prestatore di cure”.